"Comandare il gioco, tutto parte da qui". Il calcio di De Zerbi e come potrebbe sposarsi col Milan

"Comandare il gioco, tutto parte da qui". Il calcio di De Zerbi e come potrebbe sposarsi col MilanMilanNews.it
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mercoledì 1 maggio 2024, 13:00Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

Nel grande vociare che accompagna il periodo appena precedente alla scelta e all’annuncio del prossimo allenatore, il profilo designato a prendere il posto di Stefano Pioli sulla panchina del Milan, spunta anche il profilo di Roberto De Zerbi, quarantaquattrenne tecnico del Brighton che affonda le radici della sua cultura calcistica, come ci ha tenuto lui stesso a ricordare, proprio nel rossonero.

In attesa di capire se potrà essere o meno lui il nome giusto, considerando anche la clausola da 15 milioni necessaria per liberarlo (ma grazie ad un gentlmen agreement pare possa liberarsi senza ulteriori costi), vediamo che allenatore è e che idea di calcio ha. A differenza di tanti colleghi De Zerbi è un uomo mai banale davanti ai microfoni, schietto, genuino. È quindi anche piuttosto facile delineare un profilo da raccontare, visto che è lo stesso allenatore a presentarsi per quello che è davanti alle telecamere e ai tifosi.

COLPO DI STATO - Iniziamo non dal professionista, ma dalla persona. De Zerbi, in un mondo di interviste concordate e da 0-0, tre anni fa, dopo che nella notte fu annunciata la prima Super League (con il Milan che era tra i soci fondatori), parlò in conferenza proprio alla vigilia della sfida con i rossoneri, senza peli sulla lingua e con estrema sincerità. Perché per De Zerbi il calcio è una cosa seria e da rispettare: “Sono molto toccato, arrabbiato, tant’è che ieri prima dell’allenamento abbiamo parlato con la squadra mezz’ora di questa cosa. È giusto ogni tanto fermare il programma e parlare di quello che ci circonda, ieri era giusto che parlassi ai giocatori di questo, dicendogli il mio pensiero che poi non è per forza la verità ma è la mia idea. Sono molto arrabbiato perché domenica è stato fatto un colpo di stato. Questo episodio equivale ad un colpo di stato nel calcio. Nei contenuti, nella modalità. Nei contenuti perché il calcio è di tutti ed il calcio è meritocratico. Nella modalità perché si poteva fare alla luce del sole, e invece fare comunicati congiunti a mezzanotte era come se qualcuno dovesse porre le bandiere in un posto che aveva sottratto ad altri. Un comportamento che lede un diritto non circoscritto solo al calcio, cioè che il più debole possa farsi strada e crearsi un futuro più bello di quello che non dice la sua provenienza”.

Parole importanti, sincere e che non guardano in faccia a nessuno: “Non ho piacere a giocare questa partita perché il Milan fa parte delle squadre fondatrici. L’ho detto a Carnevali e ai miei giocatori. Poi se Carnevali mi obbligherà allora andrò, ma ci sono rimasto male. Il calcio è di tutti ed è meritocratico. Se questo è il calcio moderno, è una roba che non rispetta l’uomo. Non ci interessa se quelle squadre sono indebitate. Queste società sono gestite da potenti e prepotenti ma non per questo debbono farla pagare alle piccole società che fanno le cose per bene". Il focus di queste dichiarazioni non era ovviamente il Milan in sé, istituzione che De Zerbi ha detto più volte di rispettare enormemente, ma dei club che cercavano di cambiare lo status quo del calcio. Il nativo di Brescia ha dato una visione netta della vicenda, senza mezzi termini e sicuramente fuori dai canoni della comunicazione calcistica. Il termine giusto è “banale”, e De Zerbi non lo è mai.

IL POSSESSO PALLA – Altro dibattito che da sempre circonda il discorso calcistico è quello del possesso palla: c’è chi lo ritiene un mero vezzo, più dannoso che altro, chi ne è ossessionato e chi lo ritiene il mezzo giusto per mettere in difficoltà l’avversario. De Zerbi appartiene alla terza categoria, come ha spiegato in una delle sue tante interviste con Adani, Ventola, Cassano e Vieri: “Che il possesso palla non serva è una cazzata. Ti faccio l’esempio chiaro. Se tu hai dieci palloni e l’altro ne ha quattro, o dieci frecce e l’altro ha quattro frecce, certo che l’altro può vincere, vuol dire che ha sfruttato bene le sue quattro e io ho sfruttato male le mie dieci. Ma se io ho dieci volte la possibilità di fare centro e l’altro quattro, matematicamente mi dici ha più possibilità, chi è avvantaggiato? Questa è una cosa matematica. Vuoi avere un’occasioni o dieci a partita? Poi è chiaro che il possesso palla va di pari passo con i tiri in porta, perché se non tiro mai in porta non va. Ma se ho il 70% del possesso palla avrò più possibilità di calciare in porta di te che ne ha il 30, sì o no? Questa è matematica”.

EMOZIONE E APPARTENENZA – Avendo la fama di “teorico” e di “giochista” si può pensare che De Zerbi pecchi nella motivazione e nel carattere. Niente di più sbagliato, anzi. L’allenatore del Brighton è prima di tutto un amante del pallone, del tifo, della passione che scaturisce dal gioco. È un competitivo e anche una persona sensibile. Tutte peculiarità di chi, quando viene messo al centro di un progetto, morirebbe per la sua squadra ed il suo club. Anche qui ne abbiamo dimostrazione pubblica grazie ad un audio dell’allenatore inviato al suo amico Lele Adani, con l’opinionista TV che ha deciso di condividerlo con i suoi followers su Instagram: “Ciao Lele, sto camminando per la città, cappello, occhiali, pantaloncino, non mi riconosce nessuno… Ma che bello è vedere i bambini piccoli il giorno della partita camminare per la città con la maglia, con le sciarpe prima della partita, eh? Mi è venuto un colpo di pelle d’oca. Se uno dovesse pensare solo a quello com’è che fai a giocar male, com’è che fai a perdere un contrasto, com’è che fai ad arrivare secondo, com’è che fai a non provare dribbling con la cattiveria in testa? Che roba che è il calcio, a quarantaquattro anni sono ancora in questo stato… Lele volevo dirlo a te che lo capisci te e pochi altri”. Che altro c’è da aggiungere?

COMANDARE IL GIOCO, TUTTO PARTE DA QUI – Ma alla fine della fiera, quali sono i principi del suo calcio? È lo stesso De Zerbi a spiegarlo in un video realizzato qualche mese fa con lo Sky Sport inglese. Davanti ad una lavagna tattica e delle pedine magnetiche il coach del Brighton spiega le basi delle sue idee e proposte calcistiche: “Comandare il gioco, tutto parte da qui. E divertirsi: se vuoi comandare il gioco devi anche divertirti e divertire”. Conciso e chiaro. Viene quindi spiegato com’è organizzato il build-up, il suo inizio azione al Brighton: “Differenzio delle fasi. Costruzione dal fondo, costruzione a campo aperto (sulla propria trequarti) e costruzione alta, da centrocampo in su. Cambiamo struttura in base a dove è il pallone e in base a come ci vengono a pressare gli avversari”. De Zerbi per fare questo esempio posiziona la squadra in avvio di azione come se fosse pressata da un avversario che usa il 4-2-3-1 e che quindi, potenzialmente, può mettere uomini su entrambi i centrali. Il posizionamento vede gli esterni, bassi ed alti, larghissimi per creare ampiezza, ed i centrali, difensori, centrocampisti ed attaccanti (centravanti e trequartisti), accoppiati nella zona centrale del campo, come a creare un imbuto. L’obiettivo, spiega De Zerbi, è attirare l’avversario palleggiando per poi bucarlo dove lascia spazio, che può essere tra le linee o dietro la linea difensiva, se il pressing è particolarmente aggressivo. I giocatori devono essere a proprio agio con la palla tra i piedi e devono avere sempre una soluzione di scarico, quasi come se fosse automatico. Importantissima anche la postura del corpo nel momento in cui si riceve, visto che può rubare tempo di gioco e dare velocità all’uscita. Fondamentale anche fare densità, con i giocatori che devono a loro volta seguire il pressing avversario per “congestionare” una zona e liberare quindi spazio in un’altra: bisogna essere sempre in superiorità numerica. C’è una cosa importantissima in questo pensiero: la tattica è al servizio del giocatore, e non viceversa.

Amo provare soluzioni differenti in base alle caratteristiche dei giocatori. Sul campo sta a loro essere efficaci, non puoi muoverli come se avessi un joystick. Vogliamo controllare il gioco, abbiamo bisogno di giocatori intelligenti che sappiano quando venire incontro, capiscano quand’è il momento di attaccare la profondità, quand’è il momento di creare spazio. Devi lavorare prima di tutto per i giocatori, e solo dopo, sicuramente, non possiamo distaccarci e dimenticare il nostro stile”. Conclude dicendo: “In questa lavagna c’è la mia storia, il mio carattere, la mia follia (ride, ndr), tutto”. Un piccolo assaggio che fa capire quanto sia meticoloso lo studio di varie situazioni.

Potrebbe essere il profilo giusto per il Milan? Chi scrive pensa di , senza dubbio. Sassuolo, Shakhtar Donetsk e ora Brighton, il figlio del settore giovanile rossonero ha acquisito già tanta esperienza in contesti di livello medio-alto differenti tra loro. Storica la cavalcata col sul Brighton della passata stagione, che ha portato a giocarsi l'Europa League con uno storico ed inaspettato sesto posto, superando potenze come Chelsea e Tottenham. Quest'anno c'è stata qualche criticità nella gestione del doppio impegno con un notevole aumento degli infortuni (molti di natura traumatica), ma il Brighton, squadra che normalmente lotterebbe per non retrocedere, è dodicesimo a metà classifica. Al MIlan porterebbe un calcio studiato, identitario, infinita passione e soprattutto valori. Non ha mai nascosto la sua ammirazione per questi colori: "Non è un club normale per me, sono cresciuto in rossonero. Sarò riconoscente al Milan per tutta la mia vita". Vederlo sulla panchina di San Siro è un pensiero che stuzzica e non poco.